FRANK O. GEHRY
Roma 08/05/2002


L’architetto Frank O. Gehry può essere descritto attraverso cinque parole chiave:
- assemblare
- spaziare
- separare
- fondere
- liquefare
Appartiene ad una cultura particolare, nasce nel 1929 ed è ebreo. Il nonno aveva un negozio di ferramenta in cui lui stesso ha lavorato, è stato spesso emarginato ed era soprannominato “fish”, pesce. Si trasferisce poi in California, a Los Angeles, ha contatti nel cinema e poi, spinto da un interesse artistico, si iscrive alla facoltà di architettura. Nel 1950 comincia a lavorare da Brenn, in un filo che lega Austria ed America. Si specializza in urbanistica spinto soprattutto dal clima degli anni ’50 profondamente indirizzato in un coinvolgimento sociale. Prende un master ad Harward e poi decide di andare a lavorare a Parigi per un anno circa dove studierà le chiese romaniche, Le Corbusier e Rochamp. Nel 1962 torna a Los Angeles ed apre uno studio di progettazione. Per circa 15 anni la sua produzione non si sconta dall’ambiente culturale del suo tempo rimanendo nei canoni. Si potrebbe dire che in questo periodo avesse rimosso la sua vena artistica per rimanere nel razionale. Però nella Los Angeles degli anni ’60/’68 erano in atto dei bei cambiamenti che lo influenzeranno particolarmente.
Alcune delle sue opere realizzate per degli amici artisti si distaccano comunque dal tema razionalistico (Casa Studio Danziger, Hollywood 1964-1965 sx - Casa Studio Davis, Malibu 1968-1972 dx ).

È dopo gli inizi degli anni ’70 che comincia il grande cambiamento riassumibile con la prima parola chiave, ASSEMBLARE. Tale svolta ha come manifesto architettonico la sua Casa. All’inizio di questo periodo Gehry entra in crisi a causa del matrimonio e tanti altri motivi e, come tutti gli architetti maggiori, entra in analisi. Per combattere la crisi decide di cambiare completamente vita: chiude lo studio, si fa una nuova famiglia e una nuova casa.
Si compera la classica casetta ed è indeciso tra due operazioni: abbatterla completamente per costruirne poi una completamente nuova o apportarle alcune modifiche “scherzandoci” sopra. Prevale la seconda ipotesi e così avvolge la casa con una “L” composta da una cucina ed un soggiorno estensione del vecchio e poi introduce la novità facendo coesistere il nuovo e l’antico con un’operazione sintattica di assembramento con materiali insoliti.

Dopo aver sperimentato il nuovo metodo sulla sua casa e dopo averne capito a fondo il meccanismo, comincerà la progettazione di case che funzioneranno bene, aggiungendo maggiore libertà ai futuri abitanti, e che svilupperanno un tema architettonico in controcorrente agli sviluppi dell’architettura di quegli anni più propensa ad un recupero del passato. I suoi disegni sembrano quasi essere delle caricature che tendono all’esagerazione di alcuni aspetti che poi riscontrabili nel progetto.
I suoi riferimenti si trovano nel clima della pop-art, non quella di Warhol, ma quella di Pollock, dell’espressionismo astratto americano che si spinge verso lo studio dei materiali e delle loro combinazioni. Si esprime attraverso la libertà di conformare i corpi, di incorporare aspetti del paesaggio contemporaneo il tutto anche con l’uso di materiali poveri: “chipcapes”.


Jackson Pollock

Emerge perciò il contesto e si ragiona su come entrare in rapporto con questo, Gehry afferma che il contesto è quello periferico, fatto di elementi sovrapposti e non più quindi un riferimento all’aulico.
Siamo agli inizi degli anni ’80, con il progetto di una Casa di un amante del cinema, Los Angeles 1981, inizia il capitolo dello SPAZIARE, in cui la forma può essere narrativa, evocativa.

Inizia anche in questi stessi anni un’opera  che è un “working in progress”, il Piano ed edifici per la Loyola Law School, Los Angeles 1978-1991, un progetto che si evolve a seconda delle esigenze, composto da diversi elementi. Il meccanismo è quello della “trasfigurazione”, della suggestione primaria che nasce dall’idea di una chiesa romanica o di un tempio che vengono contemporalizzati.

Nel 1983 e il 1984 la prima fase cominciata con la sua casa è ancora in evoluzione e coinvolge progetti più ampi. Dopo il campus subentra un’altra fase che si sovrappone alle altre: SEPARARE.
Tra i progetti realizzati in questa fase possiamo citare: la Casa Norton, Venice 1982-1984 sx, in parte metafora della casa sull’albero; il Museo California Aerospace, Los Angeles 1982-1984 cx, in cui usa come oggetto evocativo un aereo nella facciata; il Ristorante Fishdance, Kobe, Giappone 1986-1987 dx, in cui il macroggetto evocativo è questa volte un grande pesce.

All’inizi degli anni ’90 inizia l’avventura di Gehry nel digitale. 
Circa nel 1985 viene dedicata a Gehry una grande mostra, rischiosa per chi la organizzò dato che in quel momento non era ancora la “star” che oggi conosciamo, ma solo un bravo architetto. In quel momento in cui il post-modernismo la faceva da padrone, la mostra si pone un po’ come l’anticipatrice di quella più rivoluzionaria del 1988 sul decostruttivismo.

Gehry proprio in coincidenza con la mostra affronta una nuova fase, quella del FONDERE, con la progettazione del Museo e fabbrica della Vitra, Weil am Rhein, Germania 1987-1989. Ancora una volta quindi si lancia verso una sfida quasi personale compiendo di nuovo come un azzeramento necessario per il cambiamento.

Tra le varie opere citiamo: l'Edificio dell'American center, Parigi 1988-1993 A sx;la Sede degli uffici nazionali olandesi (Ginger & Fred), Praga 1992-1997 B sx; un Centro di arti visive, University of Toledo, Ohio 1990-1992; uno Pista di pattinaggio Disney, Anaheim 1993-1995 A dx; il Museo F. Weisman, Univ. of Minnesota, Minneapolis 1990-93, sul Missisipi, in cui conserva la scatola esistente e fa un’escrescenza sull’angolo, seguendo una composizione di volumi fatta con forme troncate di figure date come coni, cilindri e altre che nei successivi progetti diverranno pareti libere; Auditorio Walt Disney, Los Angeles 1988 B dx, in cui lo stesso Gehry afferma che la forma migliore per un auditorium è la “scatola” che poi viene accordata con un gioco formale negli spazi serventi e che possono godere di una maggiore libertà.

Nel 1991 progetta l’opera che lo farà conoscere in tutto il mondo, non solo dagli architetti. Per la realizzazione del Guggenheim di Bilbao è lo stesso Gehry a scegliere l’area ed ovviamente decide per la più “incasinata”, è un’intersezione urbana fortemente caotica, ritornando così al concetto di paesaggi secondari. Nel progetto è rintracciabile un’idea di derivazione boccioniana , della ricerca futurista, un rilancio dell’idea di movimento. Infatti le linee forza futurista scuotono l’ambiente, lo fanno vibrare, ed è proprio questo che Gehry risveglia grazie al suo percorso formativo, il racchiudere e poi lanciare all’esterno, nello spazio, delle traiettorie dinamizzando l’intorno. Non manca poi l’idea del simbolismo della cattedrale che tanto lo affascina rappresentato dalla torre.
Confrontando le architetture iperfunzionalistiche di Wright, dove un lieve cambiamento al disegno originale riesce a sconvolgere l’intero progetto, con questa di Gehry, dove tutto funziona alla perfezione come mai è stato in altri musei, ci rendiamo conto in minima parte del valore culturale di questa opera. Tutti questi movimenti plastici sono pensati per espandere al massimo la funzionalità della macchina museale e non solo per motivi estetici. 

Da qui inizia la quinta ed ultima fase quella del LIQUEFARE, dello scioglimento quindi della forma di cui il progetto più significativo è la Casa Lewis, Clevaland, Ohio 1989-1995.